La fattoria dei gelsomini di Elizabeth von Arnim

A pensarci bene, mi trovo nel contesto più giusto per leggere La fattoria dei gelsomini di Elizabeth Von Arnim. Va bene, magari non ci sono proprio i gelsomini, ma mi trovo in visita a casa di mia madre, dove ho a mia disposizione un piccolo terrazzo con qualche piantina, diversi gatti da importunare tra una pagina e l'altra e, gentile concessione della giornata, un po' di sole. Peccato che La fattoria dei gelsomini, edito da Fazi nella traduzione di Sabina Terziani, io l'abbia iniziato e finito settimane fa, sotto un cielo lugubre – non che mi dispiaccia quest'ultimo sprazzo di inverno – nel bel mezzo della sessione degli esami. Peccato davvero.
Dunque, vediamo. Ci troviamo nella campagna inglese, intorno agli anni '20. Lady Daisy è solita organizzare fine settimana nella sua meravigliosa tenuta con invitati scelti con cura per le loro doti sociali e per la fermezza della loro morale. E questo, in soldoni, è il punto dal quale la trama prende il via.
C'è da dire che questo libro inizia lentamente, con un groviglio di nomi impossibili da associare ai personaggi; la lista troppo lunga degli invitati di Lady Daisy, una splendida vedova cinquantenne devota alla propria morale e alla propria figlia. È un fine settimana diverso dal solito, in cui la conversazione stenta a ingranare, il caldo è insopportabile, gli invitati si detestano a vicenda, il cibo è così così e Lady Daisy sembra non rendersene nemmeno conto.
Tra i presenti figurano il fidato amico e contabile Andrew con la giovane e fatua moglie Rosie e pochi altri sciagurati, dei cui moti interiori veniamo di volta in volta edotti: persone semplici, un po' meschine, convinte ognuna di essere l'unica persona degna di conversazione in mezzo a un gruppetto sciapo. E il weekend scorre lento e pedante fino al mattino in cui due paia di orecchie ascoltano per caso un frammento di conversazione che parrebbe dar voce a uno scandalo assolutamente imprevedibile.
Va da sé che le orecchie ree dell'ascolto non appartengono a una persona che sappia tenere chiusa la bocca, e il sospetto si fa confidenza, dalla confidenza si passa al pettegolezzo e così via.
Le persone coinvolte sono la figlia di Lady Daisy, Terry, il già citato Andrew e la moglie Rosie; la questione non manca di complicarsi ulteriormente quando entra in scena la madre di Rosie, l'esuberante Mrs de Lacy, intenzionata a mettere in mezzo la stessa Lady Daisy e a trarre vantaggio, per quanto possibile, dalla situazione che è venuta a crearsi.
La von Arnim offre spazio sulle pagine a diversi personaggi, ognuno col suo carico emotivo, il proprio vissuto, aspirazioni, rimpianti. La stringente visione del mondo di Lady Daisy che cozza con l'ingenua spudoratezza di Mrs de Lacy, la leggerezza annoiata di Rosie che contrasta il turbamento di Andrew – che, ammetto, è il personaggio che mi ispira meno empatia in assoluto.
È stato bello conoscere così un'autrice di cui ho sentito parlare moltissimo ma delle quale ancora non avevo letto nulla. L'argomento di La fattoria dei gelsomini poteva essere trattato in una moltitudine di punti di vista e toni differenti; poteva essere un Beautiful come un Jane Eyre. Il tono è stato invece quasi normalizzante, a fronte di una situazione che di normale ha ben poco.
Almeno credo. Gli umani sono strane creature, abilissime nell'incasinarsi, facili al piangersi addosso. Capaci, tutto sommato, di riprendersi e risalire.

Il cuore del romanzo, ci tengo a dirlo, sono Lady Daisy e Terry; il resto, alla fine, sono solo cause ed effetti.