Piccoli scorci di libri #34


Butcher's Crossing di John Williams – traduzione di Stefano Tummolini – Fazi Editore, 2013

John Williams lo conosciamo tutti per via di Stoner, di cui avevo entusiasticamente chiacchierato qui. Ammetto che questo libro mi ha colta alla sprovvista, non mi aspettavo una simile tematica, né una trattazione così fredda o un finale così cinematografico.
Inizia col protagonista, Will Andrews, che arriva in uno sparuto e polveroso villaggio del vecchio West. Trova una stanza, si dà una rinfrescata e va a cercare un tizio che, secondo le indicazioni del padre, gli darà una mano.
Will è un personaggio strano, che non si capisce mai del tutto. Non so decidermi se l'effetto sia voluto, o se Will faccia parte di quella rara tipologia di persone impossibili da comprendere, che guardano avanti e non ti vedono, che pensano sempre ad altro, che inseguono miraggi come enormi punti interrogativi.
Poche settimane dopo il suo arrivo a Butcher's Crossing, Will riparte alla volta del Colorado, questa volta in compagnia di tre uomini. Un cacciatore, uno scuoiatore e un... beh, un Charley Hoge. Che beve whiskey, guida il carro e legge la Bibbia. Il cacciatore, Miller, è gelidamente ossessionato dalla visione che ha avuto anni prima di un enorme branco di bufali e intende raggiungerli di nuovo, per farli fuori tutti. Schneider, lo scuoiatore è... non lo so. Non credo che Williams abbia fatto un grande lavoro di caratterizzazione. Non sento di aver conosciuto bene nessuno dei personaggi, men che meno ho potuto provare simpatia per uno di loro. La narrazione è calma e delicata come quella di Stoner, solo che questa volta è meno profonda, più distante. Che l'effetto sia voluto o meno, avrei preferito diversamente.
E dunque, caccia ai bufali. E vita selvaggia. Uomo vs Natura. Domande inespresse.
Non posso dire che non sia un bel libro, anzi. E al traduttore vanno i miei complimenti più sentiti. Eppure...

Black Friars – L'ordine della Penna di Virginia de Winter – Fazi Editore, 2012

Ho già chiacchierato di Black Friars un paio di volte, qui e qui. Ora. Senza nulla togliere ai precedenti volumi, che mi sono piaciuti un fracco... ecco, con L'ordine della Penna mi viene da dire che la de Winter è sbocciata. È diventata quel tipo di scrittrice che ti fa a pezzi le velleità letterarie a colpi di prosa. C'era una piccola e amareggiata parte di me che, mentre leggevo gioiosa e soddisfatta, continuava a ripetermi che forse sarebbe il caso di darsi alla coltivazione della soia, perché tanto 'fin lì' non potrò mai arrivarci.
Continuano le vicende di Axel ed Eloise e della Vecchia Capitale tutta. Da qualche tempo il Patto che trattiene le creature del Presidio sembra essersi incrinato, gli spiriti dei morti spuntano come funghi dopo un temporale. E poi si aggiunge Sophia come personaggio principale, la figlia ritrovata di... no, beh, a pensarci bene sarebbe uno spoiler per chi non ha ancora letto i primi volumi, quindi taccio.
Mi limito a dire che l'ambientazione è ancora più completa e convincente, che i personaggi sono sempre meglio delineati, che Bryce e Stephen sono meravigliosi e fanno schiantare dalle risate, mentre a Gareth mi sento tristemente vicina. E Gabriel... ecco, Gabriel è quel tipo di personaggio cui terrei giù la testa in una vasca di liquame. E scrivo 'liquame' per ostentare raffinatezza. Lo ammetto, non mi è piaciuta granché la storia d'amore, ma qui trattasi di gusti. Funziona, e questo è quello che conta.

È inutile che io stia a ripetere quanto ho adorato questo libro. Mi ha tenuta sveglia fino a notte fonda, finché gli occhi non hanno iniziato a lacrimare dal bruciore. Ho già parlato in abbondanza della suddetta saga in precedenti recensioni, quindi non avrebbe senso ripetere tutto. Dico solo che scrivere in modo 'sì raffinato senza inficiare la scorrevolezza non è cosa da tutti. Punto. Non dico altro.